Questa chiese risale al 1300. Nel 1344 il 23 aprile il papa Clemente VI con bolla pontificia concesse ai suoi visitatori particolari indulgenze.
Dal 1500 non fu più sede parrocchiale ma per iniziativa dell'università di San Giovanni Rotondo, ottenne da "Consalvus Ferrande, dux terrae novae" il permesso di celebrare, l'11 giugno la festa del santo da cui prende il nome.
Sull'epigrafe in pietra posta sul portale di ingresso, si legge che è stata edificata per volere di Federico II di Svevia, nell'anno 1231. Originariamente costituita da un impianto tardo romanico, oggi si presenta come un armonioso insieme di elementi caratterizzanti diversi periodi storici. Conserva al suo interno tracce di affreschi medievali, una "Natività" di A. Ciccone e un dipinto raffigurante il "Battesimo di Gesù Cristo" di F. P. Fiorentino. Si venera, in particolare, il culto della Vergine del Monte Carmelo.
Alla metà del XIV secolo va riferita la costruzione o, più verosimilmente, la ristrutturazione in chiave gotica della chiesa di Sant’Onofrio Eremita a San Giovanni Rotondo; l’indirizzo stilistico verso cui si orientano i costruttori deriva dalla coeva architettura religiosa diffusa in Capitanata, su base tardoromanica ma innovata dalla presenza di elementi ormai francamente “gotici” nelle membrature delle volte costolonate a sesto acuto, negli archivolti e negli elementi dei portali: chiesa a navata unica con facciata a “capanna”, ad abside estradossata (anche a Sant’Onofrio, prima del “taglio” dell’abside), a pareti nude e ampie di severa essenzialità, con copertura a tetto ligneo a capriate. La chiesa si presenta ad una sola navata, lunga circa 38 metri per 7 metri di larghezza, e dotata di un portale più semplificato rispetto a quelli più fastosi e “goticizzanti” di chiese coeve. Sul prospetto a timpano viene realizzata una grossa rosa circolare. Nella superficie compresa all’interno della circonferenza della rosa è inserita un’ulteriore rosa di diametro minore.
A questo periodo possiamo riferire anche l’epigrafe di pietra calcarea, alquanto corrosa, apposta in alto al portale. Nonostante il testo sia ormai quasi illeggibile perché rovinato dal tempo e da un maldestro tentativo di calco eseguito alcuni anni fa, siamo lo stesso in grado di leggere in fondo alla tavola una datazione sicuramente posteriore al 1320 (dal 1320 al 1335). All’interno della chiesa, in alto sulla parete a destra del portale, presso la balaustra della cantoria realizzata pochi decenni fa, è conservato un concio di pietra con la rappresentazione di un giglio, verosimilmente stemma araldico angioino. Nel 1627 per volontà dei signori Michele ed Elena Cavaniglia si decise di fondare a San Giovanni Rotondo un convento domenicano, trasformando la chiesa di Sant’Onofrio in un collegio destinato in particolare a frati dell’Illiria. Nel 1630 la chiesa non era stata ancora del tutto ristrutturata e la fabbrica del collegio era alla fase grezza al punto che definitivamente nel 1652 il progetto si arenò. Dalle relazioni intercorse tra il generale dell’Ordine e i rappresentanti dell’Ordine incaricati dai Cavaniglia, si deducono notizie interessanti sullo stato della chiesa di Sant’Onofrio che già in quegli anni doveva essere in gran parte bisognosa di restauro se nel 1630 la si definisce: «non ancora edificata, [...] hoc interim ha una Chiesa mediocre dove sono cinque altari, il coro, pulpito, organo e due Confessionarii».
Francesco Nardella riporta al 1597, data incisa sulla sommità del primo arco, la realizzazione di un primo restauro. In quell’occasione sarebbero stati messi in opera i cinque archi trasversali a tutto sesto che scandivano l’interno della chiesa in campate; tali arcate, ancora visibili ai primi del ‘900 al Beltramelli che descrisse la chiesa in stato di totale abbandono, verranno successivamente abbattute a seguito dei lavori di restauro effettuati alla fine del 1948. Ancora in una nota del marzo 1910 del sindaco Giuliani di San Giovanni Rotondo indirizzata alla «Sopraintendenza ai Monumenti della Puglia e del Molise» si riporta la descrizione della chiesa, in quel periodo come si è detto completamente in rovina; si fa menzione di due strati di affreschi. Ai nostri giorni sono ancora visibili soltanto due pitture: la figura di un Santo e quella di un Vescovo (San Nicola) ai cui piedi si intravede una figuretta. L’interno è completamente affrescato e coperto da tetto a capriata lignea. Sulla parete sinistra la Natività del pittore A. Ciccone; sotto la cantoria Il battesimo di Gesù al Giordano del Pittore F.P. Fiorentino (1960). La chiesa conserva quattro statue: San Matteo, Sant’Onofrio, la Madonna del Carmelo, Santa Barbara.
(Testo a cura del prof. Matteo Fiorentino)